Fonte sacra Su Tempiesu – Orune
La fonte sacra “Su Tempiesu”, si trova in località ”Sa Costa ‘e Sa Binza” a Orune. Prende il suo nome dal signor Sanna, originario di Tempio che con la sua famiglia, scoprì durante dei lavori di terrazzamento per l’orto, parte di questo fantastico monumento dell’età del Bronzo recente che fu preservato grazie a una frana nel IX sec a.C. Fu avvertito l’orunese Godeval Davoli, allievo di Lilliu, che nel 1953 svolse la prima campagna di scavi. Fu solo però, negli anni 80, grazie all’archeologa Maria Ausilia Fadda che si svolse una vera valorizzazione del sito, innanzitutto liberandolo dai rovi che lo coprivano.
La fonte sacra, forse era legata al nuraghe Santa Lulla, nelle vicinanze, purtroppo in rovina, dove furono rinvenute numerose statuine oggi al Museo di Nuoro.
Il tempietto è costruito con blocchi squadrati di trachite e basalto uniti con giunture di piombo; questi massi furono probabilmente trasportati dalla zona di Dorgali, poiché non sono pietre caratteristiche della zona di Orune, dove si trova esclusivamente granito e scisto. La parte più sacra è il punto dove sgorga l’acqua, inscritta dai nuragici da una cella, a cui si accede tramite un vestibolo dove sono presenti due panche in pietra. Sono ben visibili ancora le nicchie dove venivano poste le offerte sacre.
Per raggiungere la fonte, venne costruita una piccola scaletta che porta alla camera a tholos. Davanti si trova un pavimento in lastroni al cui centro si trova una canaletta che trasportava l’acqua in eccesso (quando la fonte s’ingrossava, ad es. dopo i temporali) dalla cella verso una piccola cisterna. Di grande interesse sono gli archetti monolitici (l’uso dell’arco fu di gran lunga posteriore) e il timpano costruito in pietra vulcanica. In un pozzetto adiacente il muro, furono rinvenuti numerosi oggetti votivi, raffiguranti uomini nell’atto della preghiera, ma anche spade, bracciali pendagli e altro ancora, tutti conservati al Museo Nazionale Archeologico di Nuoro. La campagna fu conclusa nel 1986 e oggi il sito è gestito molto bene dalla cooperativa L.A.R.C.O. Per arrivare al sito, dopo essere accolti nel centro servizi dove sono conservati riproduzioni degli oggetti votivi e dove i soci danno un’esaustiva spiegazione del monumento e della sua storia, si segue un interessante sentiero tra la flora e la fauna tipica della zona.
Pozzo Sacro e insediamento nuragico di Tattinu – Nuxis
Nelle campagne di Nuxis (loc. Tattinu), paese del Sulcis, nel sud-ovest della Sardegna, si può visitare un pozzo sacro e i resti di un insediamento nuragico. Il pozzo fu edificato intorno all’XI sec a.C, si tratta di un tempio per il culto delle acque che veniva utilizzato, dalle popolazioni del circondario.
Questo pozzo si differenzia dagli altri in Sardegna, per la particolarità dei due travi nel vano scala, che formano una sorta di finestra, nell’entrata del pozzo. Altra peculiarità è la continuità lineare formata dai 29 gradini e il vano d’acqua. Assieme, infatti, costituiscono un rettangolo vuoto, lungo più di 8 m.. Di pianta ellittica, il pozzo venne costruito in blocchi grezzi di piccole dimensioni.
La struttura era formata da tre elementi: una tholos, una scala e un vestibolo, che risulta mancante, probabilmente a causa di lavori agricoli. Nell’area del vestibolo, si svolgevano i sacrifici animali e i rituali di purificazione prima di scendere i gradini e arrivare nella camera a tholos, interrata, che captava una vena di acqua sorgiva. La zona infatti è ricchissima di fonti naturali. Nel sacello, sono stati ritrovati numerosi ex voto in ceramica: ciotole, olle, vasi, tutti riferibili al bronzo finale. La zona circostante a quella del pozzo è caratterizzata da resti di capanne circolari, utilizzate dai pellegrini che si recavano al tempio. Una, più ampia, ospitava i capi tribù: la sala riunioni. Essendo questa una zona sacra, vi venivano fatte paci tribali e patti familiari.
Come arrivare?
Da Siliqua prendere la SS293, superare l’abitato di Nuxis, in direzione Villaperuccio. All’altezza della località Is Pittaus, svoltare a sx e seguire le indicazione per la chiesa di S.Elia e pozzo sacro Tattinu. Il pozzo è ben indicato.
Pozzo Sacro Is Milis – Golfo Aranci
Il pozzo Sacro “Is Milis”si trova a Golfo Aranci, a pochi passi dalla stazione ferroviaria. Il pozzo, databile al bronzo medio, è stato frequentato fino al bronzo recente. In origine la costruzione doveva essere, visti i resti, di proporzioni imponenti. Purtroppo il vestibolo è andato perso a causa della costruzione della ferrovia a fine ‘800. Il monumento è costruito in scisto, calcare e granito. La scala rettilinea è composta da 40 gradini che con la classica copertura a piattabanda a specchio(ovvero il tetto formato da gradini rovesciati), crea un effetto visivo di grande bellezza, poiché sembra una scala infinita, grazie anche al riflesso dell’acqua. La camera a pozzo è di pianta ellittica con copertura a ogiva slanciata. Il monumento fu scavato intorno al 1937 da Doro Levi, oggi il pozzo è purtroppo è circondato da erbacce e immondizie e arrivarci è una piccola impresa. Il terreno circostante e il pozzo furono infatti venduti e i padroni ci misero una autoclave (che per fortuna ora non c’è più) e un chiusino. Scempio archeologico e naturalistico a parte il pozzo è assolutamente da visitare, sperando che in qualche modo venga valorizzato perché oltre ad essere di inestimabile valore artistico, è anche la storia di noi sardi e di chi ama la Sardegna.
Pozzo Sacro Is Pirois – Villaputzu
Il pozzo sacro di “Is Pirois” è ubicato nell’omonima località, nelle campagne di Villaputzu. Costruito durante il bronzo medio, ha alla sua sommità un nuraghe monotorre, costruito sulla pseudocupola che chiude la camera a pozzo, alla quale si accede tramite una breve scalinata preceduta da un atrio formato da blocchi di granito. Il pozzo è alimentato da una fonte di acqua potabile, tuttora attiva.
Pozzo Sacro Sa Testa – Olbia
Databile tra l’età del bronzo finale e l’età del ferro, questo magnifico esempio di luogo di culto delle acque, venne utilizzato per il medesimo scopo dalle popolazioni locali, anche in età punica e romana.
Il monumento, costruito con granito, schisto e trachite, si compone di quattro parti: un grande cortile circolare, un atrio, una scala e una camera a tholos (cupola) che racchiude la sorgente. Il cortile è attraversato da una canaletta di scolo ed è cinto da un muretto con una sorta di banchina dove ci si sedeva per assistere ai cerimoniali.
L’atrio è posto più in basso rispetto al cortile e come questo è completamente lastricato e attraversato dalla canaletta, da qui si raggiunge una scala di 17 gradini sormontata da una copertura di granito a forma di scala rovesciata. Dalle scale si arriva alla camera del pozzo, una struttura a forma conica al cui interno si trova la sorgente.
Gli scavi archeologici che iniziarono nel 1938, portarono alla luce anche numerosi oggetti che venivano offerti per il culto. Di notevole importanza è una statuina in ginepro che testimonia i contatti commerciali tra gli abitanti della zona e le popolazioni che arrivavano dal mare, nei sec. VII o VI, forse etruschi secondo gli studiosi. In origine il santuario si trovava su una valle ricca di macchia mediterranea che guardava il mare. Purtroppo, in alcune zone limitrofe, non è più così da molti anni, prima la costruzione di alberghi nella collina vicino ora addirittura un capannone industriale di ultima generazione praticamente davanti, uno scempio che non deve però impedire (nonostante il cosiddetto pugno in un occhio) di andare a visitare questa meraviglia dell’archeologia.
Come arrivare?
Da Olbia si percorre la strada verso la spiaggia di Pittulongu(la stessa che porta al porto industriale), si seguono le indicazioni per Cala Saccaia e immettersi dopo la rotonda in via Madagascar sino alla piazzola, circa 300 m. che porta al pozzo. Da Golfo Aranci seguire le indicazioni per Olbia, dopo Pittulongu e qualche curva si arriva a una rotonda,da lì seguire le indicazioni per Cala Saccaia e il pozzo.
Fonte immagine: Pozzo Sacro Santa Cristina, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, attraverso Wikimedia Commons